Chi l’avrebbe mai detto un giorno di trovarmi a curare un ratto ? Non uno di quei topolini ballerini in miniatura, ma proprio un ratto norvegese di qualche etto di peso, parente stretto degli esploratori delle nostre fogne ! La sola differenza che lo distingue dal parassita per eccellenza dell’uomo è che il destino l’ha affidato alle amorevoli attenzioni della signora Peiretti, una signora straordinaria come potete ben intuire.
Si, perchè la signora Luisa Peiretti è una vera amante degli animali a 360 gradi, e in questo senso gode di tutta la mia stima. Luisa ha in casa un vero e proprio zoo, 4 cani, un gatto ed una simpatica combriccola di ratti. La figlia con il suo riccio è di recente andata a vivere per conto suo. Il marito, degno complice, si gode serenamente l’allegra compagnia.
“Dottore, Lucrezia ha una tumefazione sotto la pancia. Quando posso portargliela?” Avevo per fortuna già preso dimestichezza con questi particolari animaletti, quando, mesi prima, la signora Luisa me li presentò per la prima volta per un problema dermatologico. Arrivò in studio con Lucrezia e Lavinia che le giravano bellamente attorno al collo, fino a nascondersi sotto il golfetto.
Rimasi stupefatto. I suoi grossi occhi neri sprizzavano di gioia, mentre con disinvoltura maneggiava le creature. In una manciata di secondi mi resi conto di quanto Lucrezia e Lavinia fossero davvero innocue ed anche molto affezionate alla padrona. Iniziai quindi ad accarezzarle dalla testa fino alla lunga glabra coda. Rimasi inoltre stupito di quanto non fu per me difficile diagnosticare un problema parassitario, risolto poi con una breve serie di iniezioni sottocutanee.
La massa che invece cresceva sotto la pancia di Lucrezia era un problema decisamente più serio. Si trattava di un tumore mammario che richiedeva l’escissione chirurgica. Molto spesso nei piccoli mammiferi domestici è necessario applicare diligentemente lo stesso approccio che si ha con il cane ed il gatto, adattandolo chiaramente alle peculiarità delle singole specie. Per cui mi preparai, come se avessi dovuto asportare una neoplasia di un cane, adeguando i dosaggi dei singoli anestetici che variano moltissimo da una specie all’altra.
Asportai la massa con successo e, dopo la sutura ed il risveglio in incubatrice, riconsegnai Lucrezia al marito della signora Peiretti. Scoprii in quel frangente quanto fosse legato a quella creatura. Mi ringraziò ed attraversò la sala d’attesa con gli occhi gonfi di lacrime, salutandomi con un “Dottore, sono veramente commosso. Ancora grazie!”. Non potrei mai più dimenticare quelle parole.
La signora Luisa non aveva comunque prediletti fra i suoi beniamini. Tutti erano sullo stesso piano e le sue attenzioni si concentravano su chi avesse maggiore bisogno. Venne così il turno di Spicchio, un Cavalier King Charles Spaniel di mezza età, che dire fosse sgangherato era dire poco. Gli avevo di recente diagnosticato un diabete, ben tenuto sotto controllo da due iniezioni giornaliere di insulina. Soffriva inoltre di allergie con ripercussioni negative su cute ed orecchie e , da vero Cavalier, non poteva mancargli il classico problema degenerativo alla valvola mitrale tipica della razza per il quale prendeva una terapia di supporto cardiaco. Aveva inoltre brillantemente superato un problema neurologico chiamato sindrome vestibolare, causato da un’infezione all’orecchio medio, che lo faceva sbandare come un essere umano colpito da una labirintite.
Insomma per Spicchio il 2014 non si prospettava come un anno felice, anzi l’inverno di quell’anno divenne davvero drammatico.
Per complicarsi non poco la vita pensò infatti di distruggere un tappeto e di ingurgitare le lunghe corde di cui era fatto. La diagnosi non fu facile. Solo l’ecografia mi rivelò lo stato delle cose, risolvibile esclusivamente con la chirurgia. Anche qui la situazione fu più complessa del previsto. Le corde erano così lunghe e contorte che fui costretto ad aprire quattro brecce nell’intestino per liberarlo dal corpo estraneo.
Spicchio si svegliò dall’anestesia e ci illuse per ben due giorni prima di andare incontro ad una grave peritonite, forse provocata dalla riapertura di una o più delle suture intestinali. L’ecografo non dava dubbi al riguardo. Lo rioperai urgentemente con getti di pus che fuoriuscivano dalla cute chiusa dal filo chirurgico appena pochi giorni prima. Sondai fra le mani tutto l’intestino, riaprendo e risuturando tutte le ferite. Effettuai molteplici lavaggi per ridurre più che potevo la carica batterica. Affidai poi le mie speranze ai risultati dell’antibiogramma fatto sul materiale infetto per meglio aggiustare il tiro con la terapia antimicrobica.
Spicchio riprese a mangiare ma la vittoria durò un solo giorno. La sfortuna, si sa, è cieca, ma delle volte ci vede benissimo . Il cavalier ando’ incontro questa volta ad un vero e proprio ictus. Sconsolato non potei che constatare una emiparesi che non gli permetteva di controllare adeguatamente un arto anteriore e posteriore dello stesso lato. In compenso però continuava a mangiare. La signora Peiretti ed io non demordemmo. I miglioramenti furono piccoli, graduali e costanti. Non lo mollammo per intere settimane fino a che riprese nuovamente a camminare.
Oggi a distanza di un anno Spicchio è ancora tra noi, più sgangherato e dinoccolato che mai, ma scodinzolante e soprattutto felice, nonostante tutto, di vedermi.
Volere fortemente delle cose spesso permette di ottenerle e la storia di Spicchio ne e’ un esempio. La Signora dei ratti ed io volevamo salvarlo con tutte le forze a nostra disposizione, ed abbiamo vinto.
Luca Ansaldo