“Dottor A-n-s-à-l-d-o ? ” Il modo in cui pronunciava il mio cognome era inconfondibile, con quella cadenza genovese portata all’estremo.
Era la signora Martina Martini. ” Non è che può fare un salto questa sera ? Ho una gatta che non sta tanto bene.” Quella era però la prima volta che la sentivo ed era per lo più il mio primo giorno di lavoro, un giorno fatidico, il 3 giugno 1991.
Desideri diventare veterinario già da quando hai cinque sei anni, plasmi la tua mente per quell’obiettivo per anni, ti trasferisci in un’altra città per studiare ed ottenere quel pezzo di carta, finchè poi quel giorno finalmente arriva. E se quel giorno ti chiama un cliente come la signora Martina Martini non può che essere una benedizione perchè lei è una gattara, di quelle disposte a dare la vita per i suoi quindici gatti. E tu sei un veterinario con clienti numero zero.
L’inizio di giornata non si era preannunciato favorevole. Piazza Alimonda di prima mattina era impregnata di un grigiore novembrino, a dispetto della stagione primaverile. Mi accompagnò la mia compagna di vita Dany per l’inaugurazione di quell’avventura ed avevamo portato con noi una bottiglia di spumante per suggellare l’evento. Infilai la chiave della serranda e provai a tirarla su una, due, tre volte. Niente da fare. Era completamente bloccata. Ricorsi subito alle pagine gialle per un intervento urgente. Centomila lire e la serranda fu sbloccata nel giro di un’ora. Un gran bell’inizio !
Meno male che c’era lo spumante pronto a confortarci. Attraversammo la strada per brindare con Linus, il parrucchiere della piazza e l’unica persona della zona che mi conosceva personalmente e che con sincerità poteva augurarmi il meglio per il mio futuro. I suoi pensieri positivi furono di buon auspicio e nel giro di qualche ora si materializzò dal nulla la prima cliente.
Era una signora attempata di una certa eleganza, accompagnata da un cagnolino di piccola taglia. Lo visitai dalla testa ai piedi finchè la cliente mi fece notare uno scolo lacrimale ad uno dei due occhi. Alzai lo sguardo e scorsi una lacrima sul viso della padrona che le rigava il volto.
Rimasi stupefatto di questa coincidenza e dopo aver effettuato un semplice accertamento sull’occhio, spiegai che il problema era dovuto al dotto nasolacrimale occluso, per cui le lacrime, anzichè defluire nel tubicino per poi essere deglutite, per forza di cose fuoriuscivano inumidendo il canto nasale all’esterno.
Non potevo dare un resoconto più soddisfacente dal momento che la signora mi confidò con gioia di avere lo stesso tipo di problema.
Questo fu solo il primo di tanti casi di analogia che riscontrai nel tempo fra i proprietari ed i loro beniamini, analogie di aspetto, analogie caratteriali o addirittura analogie su base patologica. Dì al tuo cliente di somministrare al cane un farmaco che, senza saperlo, assume lui stesso regolarmente, e lo renderai felice.
Quel giorno arrivarono miracolosamente in studio altri due pazienti finchè squillò il telefono: “Dottor A-n-s-à-l-d-o ? ” – “Dove abita, signora ?” – “Salita Vecchia Nostra Signora del Monte, in cima sulla destra” – ” Signora, praticamente sono già lì.” Il problema era che la mia vecchia Panda era inconsapevole delle condizioni disastrose di questa strada. Anzi, chiamarla strada è un eufemismo. La definirei piuttosto una creuza allargata, cioè una di quelle antiche mulattiere che si arrampicano sulle colline di Genova. La pavimentazione in mattoni e ciottoli associati ad una pendenza estrema sono una caratteristica delle creuze, e Salita Vecchia Nostra Signora del Monte non era da meno.
Arrivai alla fine della via sconvolto, con la Panda che ululava dal dolore e con la frizione incandescente. La bloccai con il freno a mano tirato al punto quasi da spezzarlo. Mi ricomposi e con nonchalance mi presentai alla signora Martina Martini.
Lei alta, magra, capelli corti a caschetto ed occhi vivacissimi era in dolce contrasto con il marito, basso, tarchiato, sornione, perennemente seduto in poltrona con lo sguardo perso nell’infinito. Praticamente una coppia perfetta. Ognuno di loro compensava quello che non aveva l’altro. Poldo e Olivia di Braccio di Ferro avrebbero potuto essere i loro degni sosia nel mondo dei cartoni animati.
Mi accinsi a visitare la gatta malata mentre da ogni angolo della casa spuntavano musetti incuriositi. Praticai le cure necessarie ed anche una flebo. La signora Martini mi girava attorno elettrizzata, mentre il marito pacifico si fumava una pipa in serenità.
Quella sera conquistai la cliente ma anche un gatto maschio che, felice della mia presenza, pensò bene di marcarmi i pantaloni con un bello spruzzo di urina nel bel mezzo della visita.
Passarono giornate intere dopo quella senza veder alcun cliente, ma fui confortato dalla telefonata della Signora Martina Martini per informarmi che la gatta stava molto meglio. Mi chiamò tante altre volte e di lì iniziò il passaparola che mi ha salvato in tanti momenti di difficoltà.
Tutte le volte che tornavo a casa dal suo domicilio, Dany, inesorabile, diceva:” Sei stato dalla Signora Martini, si sente ! ” Effettivamente un effetto collaterale di quel domicilio era l’odore pungente dei miei vestiti che assorbivano in modo inequivocabile il tipico aroma muschiato degli innumerevoli gatti non sterilizzati.
Il rapporto con la signora Martina Martini durò parecchi anni. Mi piace oggi ricordarla quando la incontravo per strada con i suoi cappelli stravaganti. Mi piace ancora di più ricordarmi quello spruzzo di urina sui pantaloni, vero suggello di una storia che stava per iniziare.
Luca Ansaldo