I MILLE VOLTI DELLA CENSURA
Ci vuole un bel fegato per fare il veterinario. Non si tratta solo di prendere decisioni delicate e di metterle in atto, come togliere il colon di un gatto non più funzionante o infilare un ago vicino al cuore di un cane per aspirare un imponente versamento pericardico. Bisogna anche avere a che fare con i tuoi pari, cioè con i colleghi che ti circondano. Come buona parte delle cose importanti questo aspetto non ti viene certo insegnato all’università. Si basa piuttosto sulle regole del rispetto e della buona educazione, elementi fondamentali del vivere civile.
“Dottor Ansaldo, ma lei sta bene ?” Avevo di fronte a me nonna e nipote, clienti di vecchia data, e mi ero reso conto che nel corso della visita mi scrutavano in modo inusuale.
“Sa, perchè gira la voce che ha avuto un infarto e che ha dovuto subire un intervento chirurgico !”.
Rimango sbigottito e al tempo stesso divertito. Effettivamente non avevo una bella cera. La stanchezza ed il carico di lavoro eccessivo certo potevano dar credito ai loro pensieri.
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Estate 1991. Avevo da poco intrapreso l’avventura di fare il medico degli animali quando mi arrivò un inaspettato benvenuto dall’Ordine dei medici veterinari della provincia di Genova. La lettera intimava di eliminare quanto prima la bella insegna posta sull’ingresso del mio studio. Io ne andavo fiero. Avevo speso un capitale. La scritta Studio Medico Veterinario Alimonda corredata del simbolo a croce azzurra troneggiava fra un cane a destra ed un gatto a sinistra, disegnati dal progettista che avevo incaricato. Il tutto veniva illuminato da cinque neon in grado di dare un tocco di eleganza e di lucentezza all’angolo buio della piazza. Un vero capolavoro.
Ma le regole pubblicitarie imposte dall’Ordine erano eccessivamente restrittive. Il tutto andava radicalmente rivisto. La parola Alimonda doveva essere eliminata, Studio Medico Veterinario ridotto a Studio Veterinario. Il cane ed il gatto andavano poi assolutamente cancellati. Dei neon poi non se ne parlava: furono spenti definitivamente. L’insegna si sarebbe trasformata in una targa che non poteva oltrepassare dimensioni ben precise. Insomma, stavo dando fastidio a qualcuno. Meno persone possibili dovevano sapere della mia attività. Potevo contare sul lento, lentissimo passa parola, che è poi lo strumento che negli anni ha sempre funzionato alla grande e mi ha permesso di rimanere a galla.
Dopo alcuni mesi, nella disperata ricerca di clienti, accolsi con gioia la richiesta di un gestore di un negozio di animali a Sampierdarena. L’accordo era di effettuare visite su appuntamento in una stanza dedicata all’interno del negozio ogni sabato pomeriggio. La cosa sembrava funzionare fino a quando arrivò un’altra simpatica lettera dell’ordine dove venivo invitato a comparire davanti al consiglio per rispondere personalmente in merito a gravi violazioni del regolamento.
A mia insaputa le due negozianti avevano pubblicizzato con tanto di volantini la loro attività nel corso di un’importante mostra canina a Genova, specificando nero su bianco la presenza di un veterinario nella struttura. Un fatto inaudito per le regole dell’epoca. Nel giro di pochi giorni mi ritrovai a Piazzale Bligny, zona macelli, in una stanza buia, circondato da colleghi arcigni, con una lampada piantata sulla faccia, stile interrogatorio nazista.
Evidentemente avevo di nuovo dato fastidio a qualcuno. La cosa che mi sorprese fu la serenità con cui affrontai i colleghi. Io mi sentivo peraltro innocente e dal mio punto di vista non dovevo pagare per errori commessi da altri. Uno di loro mi disse se non mi vergognavo di lavorare nell’ambito di un negozio di animali. Gli risposi perentoriamente che la bravura del veterinario non la fa certo l’ambito in cui viene svolta, ma semmai la capacità e la qualità del singolo professionista.
Fui congedato con l’esplicito avviso di far estrema attenzione a come mi sarei mosso in futuro. Altri errori mi sarebbero potuti costare caro.
Una decina di anni dopo mi arrivò una telefonata. “Ciao Luca, ti andrebbe di far parte del consiglio ?”. Era il nuovo presidente dell’Ordine. Cercava volontari da inserire nel direttivo. In quel periodo avevo assunto l’incarico di delegato per la provincia di Genova per la più importante società culturale italiana di veterinari. Il mio compito, assieme a quello degli altri delegati della regione Liguria, era quello di organizzare eventi per incontrare veterinari di spessore nazionale. Evidentemente negli ultimi anni si era accresciuta la mia credibilità. Dissi di si al presidente e mi ritrovai al di là della barricata.
Fu l’inizio di una seconda fase. Fino a quel momento avevo condotto la mia attività col paraocchi, diffidando dei colleghi. Per la prima volta avevo l’opportunità di confrontarmi con loro a 360 gradi rendendomi conto che in realtà siamo tutti sulla stessa barca. Mi sono sentito finalmente far parte integrante di una categoria ed il mio atteggiamento sospettoso verso i miei pari si è trasformato in un rispetto nei loro confronti. Nel giro di pochi anni avrei potuto ricoprire incarichi più prestigiosi che mi sono stati proposti da entrambi i consigli. Ma non era la strada che intendevo percorrere. Avrei dovuto sottrarre tempo prezioso alla famiglia e al vero mestiere di veterinario, per cui presi il buono da questa esperienza, lo misi in saccoccia, e lasciai il posto agli altri.
Passarono quindi molti anni di lavoro intenso, migliaia di casi affrontati prima di incappare in una nuova censura da parte di colleghi. Il mondo della comunicazione nel frattempo si era trasformato ed il web e i social media presero il sopravvento. Io maturai l’idea di raccogliere i miei racconti in un libro ed il progetto si realizzò in un battibaleno. Ora si trattava di diffondere la notizia anche perchè uno scrittore sconosciuto ha poche chance di vendere migliaia di copie. Facebook poteva sembrare lo strumento vincente ma ebbi pochi concreti riscontri. Tutto questo fino a che non incappai in una pagina facebook di veterinari molto interattiva. Il gruppo è nato come supporto a colleghi che stanno attraversando crisi professionali o personali. Le sue finalità sono lodevoli perchè permette a chiunque faccia la nostra professione di sfogarsi con i propri pari e di trovare un aiuto immediato. Nella descrizione del gruppo viene specificato anche che sono invitati a partecipare “tutti quelli che abbiano voglia di condividere gioie, successi, momenti positivi” e che il forum non è volto a fini pubblicitari.
Commisi l’errore di postare la notizia del mio libro senza chiedere il permesso agli amministratori. Fu una pioggia di mi piace e di commenti favorevoli da parte di veterinari forse sfiniti dalla miriade di notizie negative che ci circondano. Tutto questo fino a che un amministratore del gruppo si accorse del riscontro inaspettato per poi cancellare istantaneamente ciò che avevo scritto, considerandolo mera pubblicità. Il collega mi inviò un messaggio privato ammettendo il suo atteggiamento poco democratico. Questa fu la mia risposta:” Ciao, non posso che essere perplesso per quanto sia successo anche se tu senz’altro dal tuo punto di vista hai ragione, primo perchè non ho chiesto il permesso, secondo perchè il fatto stesso di diffondere la notizia sul libro presenta in sé il vizio di essere un’azione pubblicitaria. Quello che più di tutto mi ha fatto piacere è stata la risposta di chi ha letto il post. Nessun gruppo nel giro veramente di pochi secondi ha reagito in modo così entusiasmante. Ti posso garantire che il ritorno economico che ho dal libro è nullo rispetto alla gioia di condividere una cosa bella ed è con questo spirito che l’ho fatto. Quindi non si tratta di un’azione eseguita con cinismo. Il tuo forum è un gruppo di auto-aiuto per cui anche il fatto di vedere gli aspetti positivi delle cose può aiutare chi è in difficoltà. Ed è per questo secondo me che il post nel giro di poco è stato apprezzato da molti. Ti auguro una buona giornata”. Non arrivò nessuna risposta.
Dopo qualche settimana riprovai ad inserire la notizia. Fu la solita storia: pioggia di mi piace, commenti positivi, la censura dopo poche ore da parte del solerte amministratore. Non mi diedi per vinto. A distanza di un mese postai uno dei miei racconti senza però scrivere alcun riferimento al libro. Ciò nonostante i commenti ricevuti erano troppo belli per essere sopportati dal collega il quale si adoperò all’istante per bannarmi (cioè escludermi dal gruppo per aver violato ripetutamente le regole) zittendomi per sempre.
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Estate 2018 “Guardi, le assicuro che io non ho avuto nessun infarto “. Cerco di rassicurare al telefono la cliente mal informata. “ Non so cosa dirle, dottore, oramai gira la voce nel quartiere e nei parchi”. Tento di immaginare da dove potesse provenire questa notizia aberrante ed improvvisamente, quasi incredulo, realizzo.
Per alcuni anni ho collaborato con una grossa clinica di Genova. A causa di diatribe interne i colleghi si erano ritrovati da un giorno all’altro senza il veterinario che si occupava di cardiologia. Chiesero a me un aiuto. Si trattava di recarsi presso la loro struttura una volta alla settimana, portando tutte le mie attrezzature, per eseguire le visite cardiologiche programmate. Chiaramente a me comportava la chiusura dello studio per quel pomeriggio, ma mi permetteva di concentrarmi su di una materia che mi ha sempre appassionato. Ero inoltre contento, anche se come esterno, di far parte di una equipe di colleghi, famosi nell’ambiente come refrattari a richiedere aiuti al di fuori della clinica. Era chiaro fin dall’inizio che si sarebbe trattato di una collaborazione momentanea per dare a loro il tempo di sviluppare una figura professionale dedicata alla cardiologia.
Mi ero posto l’obiettivo di durare almeno un anno. Il tutto durò tre anni e undici mesi. Con alcuni dei colleghi avevo sviluppato un bel feeling e si era creata una sana collaborazione. Talvolta i loro clienti venivano inviati presso il mio studio per le emergenze cardiologiche mentre i miei clienti che necessitassero di visite notturne e festive venivano dirottati in clinica. Un giorno il nipote di uno dei soci mi dice: “Luca, sto seguendo un percorso didattico di cardiologia per cui sappi che in futuro me ne occuperò io”. “Guarda, non c’è problema, appena sei pronto me lo dici ed io mi farò da parte”. Passarono varie stagioni. Io entrai in un periodo molto critico con mio padre che si ammalò gravemente senza evidenti vie di uscita. Per di più mi fratturai la mano sinistra. Non il massimo per un veterinario. Con due fili di kirschner che uscivano dal quarto e quinto metacarpo ed una valva che mi bloccava l’avambraccio lavorai per due mesi facendo praticamente tutto, tranne gli interventi chirurgici, con mia moglie che mi scorrazzava ovunque perchè non ero in grado di guidare in quelle condizioni, né avrei potuto per legge.
Persi mio padre. Il giorno del rosario mi erano state programmate quattro ecocardiografie. Decisi di farle. Avevo giusto il tempo prima della cerimonia ed io avevo assolutamente bisogno di anestetizzarmi, di non pensare a quello che mi stava accadendo. Alla mia successiva richiesta di pagamento per il lavoro svolto mi venne contestata per la prima volta una visita che secondo i colleghi non avrei effettuato proprio il giorno del rosario. Un tempismo perfetto. Peccato che il mio ecocardiografo registra tutti gli esami con tanto di data, per cui dimostrai di avere ragione. Di lì a poco ci fu un drastico calo di appuntamenti in clinica fino al silenzio assoluto. Tutto questo senza alcuna giustificazione. Come era naturale qualcuno aveva preso il mio posto. Ma si trattava semplicemente di segnalarmelo secondo le giuste regole del rispetto e della buona educazione. C’era comunque un inghippo. Per quasi quattro anni, anche se come esterno, sono stato il cardiologo della struttura, per cui i clienti continuavano a chiedere del Dottor Ansaldo. In qualche modo bisognava giustificare la mia assenza. Di fronte alla notizia del mio presunto infarto il sospetto sopraggiunse. Mi ci vollero cinque minuti e due telefonate per avere la conferma. La voce proveniva nero su bianco dalla clinica.
La cosa mi divertì moltissimo. Alle volte stenti a credere a quale livello certe persone possano arrivare fino a rallegrarti quando hai la conferma di quanto tu sia diverso da loro. Non voglio chiaramente criminalizzare la clinica anche perchè sono convinto che la brillante iniziativa sia stata escogitata da pochissimi elementi. Anche in questo caso metto in saccoccia quanto di positivo mi abbia regalato l’ennesima esperienza, mi rimetto il paraocchi e vado avanti per la mia strada.
Luca Ansaldo